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Della veridica storia del cavallo che giudicò i suoi giudici

 

 

 

 

Editore: Ediself

Isbn: 978-88-902959-4-2

Genere: Narrativa italiana

Pagine: 148

Lingua: Italiano

Anno: 2007

Prezzo: Euro 10,00 AGGIUNGI AL CARRELLO


 

Ormai ci siamo abituati a vivere con le false credenze, che neanche mettiamo più in discussione;

pensiamo che siamo i migliori del creato, per esempio, che ci siano degli esseri viventi inferiori, che da esseri superiori

abbiamo solo dei diritti e non dei doveri, che gli esseri che noi definiamo inferiori rappresentino solo delle utilità.

Quale accozzaglia di stupidità ed arroganza! Sarebbe sufficiente che riuscissimo a vederci solo come un noi, e la terra

non sarebbe un paradiso certo, ma avremmo fatto il passo fondamentale.

Questa è la storia di Baionne, un cavallo nato libero come il vento, che da alcuni uomini imparò cose che altri uomini

dovrebbero capire.

 


 

ABSTRACT:

 

 

Perché, uomini, perché vi siete fatti Dei!?!

Invece, animale, che bella questa parola; ne sentite la musicalità, ne sentite la radice nobile, anima,

sentite come si apre nella a di animAle,  come se si aprisse al mondo, alla fratellanza, a tutti,

alla speranza, all’infinito.

Animale, che bel nome questo; esso deriva dal greco ànemos, vento, dal sanscrito ànimi, io soffio,

da anas, alito, anilas, vento, o anche dal gotico anan, alitare.

Non ne sentite la poesia, la leggerezza, la spiritualità in questo termine che voi avete svilito, dispregiato,

trasformato in insulto.

Animale!!

Bestia!!

Anche voi non siete altro che animali nel suo senso etimologico, ma per la vostra forza immorale

vi siete fatti dei e come dei credete di avere solo diritti, e come dei ci create un destino.  

E quello della morte sarebbe forse anche il destino migliore, per quelli che lo concludono subito,

senza la sofferenza che dura una vita.

Troppo lunga una vita così.

Per me la vita così è iniziata con il paraocchi.

Sì, il paraocchi.

Avevo tre anni ed era mattino ed era bello con il sole, e con il vento che veniva da lontano ed era

fresco e stavo osservando due chiocciole innamorate che stavano unendosi lentamente, e le avevo

viste perché i loro gusci spiccavano come due pietre rotonde che si muovevano fra l’erbetta verde

e le piante di margheritine, sapete quei gusci rotondi e spiraliformi, perfetti, marroni con le striature

gialle come se le avesse creati la Terra da sé, con le sue mani magiche e i suoi materiali che si trova

ad avere lì per lì, e avevano movimenti flessuosi, eleganti e lenti, come voluttuosi, intensi, e mi piaceva

guardarle, due chiocciole innamorate che si univano, e c’era tanto amore in quella unione e si stringevano

fra le margheritine gialle e mentre ero in quell’incanto delle chiocciole che si baciavano con passione,

improvvisamente mani brutali e violente mi hanno preso la testa e me l’hanno tenuta e mi hanno infilato

il paraocchi, a me che non volevo e mi ribellavo e me lo hanno imposto e percosso e così mi hanno chiuso

quel mondo, con la violenza e per sempre; e con questo la mia vita di vivente.

Così, con il paraocchi, con questo semplice strumento fatto di una pelle uguale alla mia, mi hanno trasformato

in macchina, con il paraocchi mi hanno tolto il mio pezzo di mondo, il mondo che mi spettava, il mondo libero,

lasciando solo che vedessi l’indispensabile per loro, non più per me, non un mondo da poter osservare per la mia

libertà, ma solo il mondo che servisse a loro, ed è crudele il mondo che si vede con il paraocchi,

perché non è più il mondo che esiste ma quello che esiste per gli altri e da allora non ho più visto alberi e fiori e

chioccioline che fanno all’amore, e i prati si sono spogliati dei loro colori verdi e gialli e della loro vita, hanno

perso il colore e si sono tinti di grigio e si sono trasformati nel duro asfalto delle strade che rovina gli zoccoli.

E per sempre.